
Lettera aperta di un Docente di Filosofia al Ministro Brunetta sugli statali fannulloni ai tempi del virus A
« Illustrissimo Ministro Brunetta,
sono un insegnante immesso in ruolo da poco più di due anni, dopo quasi un ventennio di precariato che ha comportato lunghi periodi di sacrifici, di rinunce e di ansie per il domani. Ho sempre considerato il mio lavoro come un grande onore, una meravigliosa opportunità per imparare e per trasmettere valori educativi importanti, imprescindibilmente associati a conoscenze indispensabili per ragazzi che intendano crescere e diventare adulti onesti, liberi e indipendenti. Ho lottato con i denti per ottenere questo posto che ogni giorno tento di meritare, senza farmi scoraggiare da continue ordinanze ministeriali e provvedimenti che, di volta in volta, cambiavano le regole, richiedevano nuove qualifiche, imponevano ulteriori certificazioni ed iscrizioni a sempre diverse graduatorie, e che quasi sembravano fatte apposta per spingere noi aspiranti insegnanti a cercare un'altra occupazione. Ho studiato (e costantemente studio), ho vinto concorsi, mi sono messo in coda centinaia di volte a sportelli di Provveditorati, Segreterie, Uffici scolastici regionali e provinciali, ecc.
La mia tanto sospirata immissione in ruolo, però, è giunta nell’era degli insulti e delle botte ai professori, del bullismo e delle aggressioni ai colleghi quotidianamente in scena su YouTube, dei ricorsi contro le insufficienze e le note disciplinari, della comune convinzione secondo cui gli insegnanti italiani siano tutti ignoranti. Non Le nascondo, Signor Ministro, quanto sia complicato, di questi tempi, mantenere alta la dignità di un lavoro che considero così importante.