(Lucio Aragri) -13 giugno 2012, mercoledì: «Oggi è una giornata triste... Se ne è andata una parte di me... Trenta anni di quotidiani amorevolmente e faticosamente collezionati, hanno preso la via di una cartiera per diventare carta da macero... Un dolore insopportabile...».
A parlare, con il groppo in gola, è Enrico Borellini, giornalista, per otto anni redattore all'Arena di Verona fu scelto da Romano Brancoli per curare il sito internet dei Democratici di Sinistra di Romano Prodi e quando il partito conferì nella Margherita fu mandato all'Ufficio Stampa del Senato. Poi addetto stampa del capogruppo Willer Bordon e in seguito portavoce dell'allora Ministro della Giustizia Oliviero Diliberto fino ad approdare, purtroppo alla cassa integrazione e con un sussidio di 850 euro che, per mancanza di fondi, si è fermato al novembre dello scorso anno.
Ma cosa centra tutto ciò con il "dolore insopportabile" di Borellini? In un tempo di profonda crisi economica come quello che stiamo vivendo con famiglie che non riescono ad arrivare alla fine del mese soltanto per mangiare, il particolare apparirà del tutto insignificante: quasi diciotto tonnellate di quotidiani, pari all'incirca a 120.000 copie, sono andate al macero in una cartiera della provincia di Viterbo (Canino) per essere trasformate in 8 mega bobine di carta cosiddetta riciclata forse per produrre e stampare altri giornali. Una vera e propria emeroteca, 32 anni di storia del nostro paese e del giornalismo italiano, nella tangibilità cartacea e della parola scritta, costituito dalle copie di testate come il Corriere della Sera, Repubblica, La Stampa, Il Giornale, Il Sole 24 ore, Il Messaggero, Il Manifesto, La Voce, Il Foglio, Reporter, Libero, Europa, Il Popolo, L'Umanità, Fatto Quotidiano, Liberazione e tante altre.
Il Commento di Gicar TURISMO DEL TERRORE E FOLLIE GIORNALISTICHE diGiulio Carra- direttore Oltrepensiero.it
Piuttosto curiosa, per usare un eufemismo, l'esperienza della nostra capo-redattrice Annamaria Pirozzi appositamente inviata all'Isola del Giglio per adempiere al sacrosanto diritto/dovere di informare da parte di una testata giornalistica. Un incarico affidatole non per andare a svelare segreti o cercare di risolvere misteri legati al tragico naufragio della Concordia e tanto meno per affondare il coltello accusatore nelle tante ferite di questa storia. Avrebbe dovuto registrare soltanto (fotografie comprese), come è stato, potrete leggere e vedere, cosa stesse accadendo, passata l'emergenza dei primi giorni, su una piccola isola del Tirreno spesso dimenticata da Dio e dagli uomini. Nonostante fosse munita di accredito da parte del nostro giornale anche lei è stata, a sua insaputa, risucchiata da una di quelle operazioni di macelleria che a volte sanno ordire (sic !), con molta demente sapienza, gli organi di informazione coadiuvati da giornalisti che a tutti i costi vogliono far passare per vero anche l'indimostrabile. E così la nostra redattrice si è trovata sbattuta con una videointervista, debitamente tagliata, in una nota trasmissione televisiva del servizio pubblico come una degli emblematici esempi del “Turismo del terrore”. Follia a parte, il fatto che ci riguarda da vicino, in ogni caso, può considerarsi una cartina di tornasole per come si possa uscire frantumati da processi esclusivamente mediatici, sapientemente guidati oltre e al di là di ogni evidente realtà. E' vero che sull'Isola del Giglio, come ad Avetrana, tanto per citare un caso analogo, la morbosità collettiva si scatena, ma troppo spesso ci soffermiamo sull'effetto e non sulle cause e raramente ci chiediamo quali siano i perché di tali comportamenti. Poco si parla del fatto che nelle librerie e nelle videoteche, ad esempio, la maggioranza degli acquisti o dei noleggi è riferibile a generi come thriller, noir, horror, splatter, hard-sex e non è inusuale che editori spingano i propri autori, per essere pubblicati, a scrivere storie fortemente dure se non addirittura cruente. Se poi ci fermiamo a pensare che tra le meraviglie archeologiche del nostro Paese spicca Pompei, la quale, figlia di un disastro ben peggiore di quello della Concordia, vanta, senza suscitare scalpore alcuno, innumerevoli visitatatori da tutto il mondo, forse dovremmo porci ben altro tipo di interrogativi... E le mummie egiziane? E le tombe etrusche? Comunque, al di là di irriverenti paralleli, cosa si dirà domani, quando, certamente, scrittori di nota fama o registi in auge pubblicheranno libri o sigleranno film e fiction televisive sul naufragio della Concordia e in ogni caso la Storia, quella con la “S” maiuscola, registrerà l'evento come uno tra i più colossali disastri della marineria mondiale e speriamo non ambientali? Scrittori, Registi, Storici, Ambientalisti apparterranno anche loro all'universo del “Turismo del Terrore”? Nel frattempo ringraziamo la nostra Annamaria Pirozzi che, all'Isola del Giglio, stava facendo il proprio dovere.
Il Reportage UN GIORNO ALL'ISOLA DEL GIGLIO diAnnamaria Pirozzi- capo redattore Oltrepensiero.it
“LEI PERCHE’ E’ VENUTA?” E’ la domanda che mi sono sentita rivolgere all'arrivo sull’Isola del Giglio, ho provato un certo imbarazzo e mi son sentita anche offesa, non lo nego, nel come veniva posta. Il vero motivo era lo stesso di quel giornalista, ma in quel momento, dall’altra parte del microfono, mi sono sentita una cittadina qualunque e la risposta non è stata quella che avrebbe dovuto essere, impressionata com’ero da quel colosso inerme a poche centinaia di metri dal porto, ho semplicemente risposto che volevo rendermi conto di quello che era accaduto.
Intorno a me un nugolo di giornalisti, chi era già in diretta TV, chi provava il testo della notizia che avrebbe dovuto presentare da lì a poco. Un giornalista tedesco registrava la sua voce da più di 20 minuti, seduto poco più in là della schiera di altre troupe giornalistiche il cui idioma cambiava passo dopo passo lungo il percorso che, sulla banchina, conduceva al piccolo faro di colore verde. Quel faro che sembrava essere anch’esso irreale per le dimensioni rispetto a quel mostro la cui prua era sistemata nella stessa direzione.
L’immagine era assimilabile a quella di un SUV che avesse tentato di trovare riparo dentro il garage delle Micro Machine...
Anche gli italiani over 50 rifiutano questa politica. Non servono guide carismatiche, meglio persone oneste (per il 60%), sagge (43%) e preparate (37%).
Thursday, 20 October 2011 17:25 | Author: Redazione |
(50&Più e Censis) - Non sono solo i giovani ad avere uno scarso senso di identificazione ideologica, anche gli italiani over 50 anni rifiutano ormai solide appartenenze politiche e si affidano alla propria capacità di discernimento. È quanto emerge dai risultati della ricerca «Prima delle leggi» promossa e realizzata dall'associazione50&Più e dal Censis attraverso un'indagine su un campione di 1.200 italiani dai 50 ai 65 anni.
Non si tratta di un rifiuto emotivo della politica, di un generico sentimento di antipolitica. Gli intervistati sembrano avere le idee molto chiare. Dichiarano di farsi guidare nelle scelte della vita dalla propria testa (66,3%) piuttosto che dall'impulso del momento (17,7%), dal cuore (8,8%), dai desideri (7,2%). Qui le sregolatezze non sono di casa. Gli over 50 sono convinti che la loro identità si basa sull'esperienza personale (44,6%), sull'eredità culturale familiare (43,2%), sul carattere (42,3%). L'appartenenza politica, gli schieramenti, le appartenenze di classe sociale o anche religiosa, etnica, sessuale, contano poco e raggiungono percentuali di aggregazione minime (l'appartenenza politica conta solo per l'1,1%).
IL NOSTRO ESSERE - IL CORPO - L'INTELLIGENZA IL CUORE - L'ILLUSIONE
(S.B.) - Ogni cosa che scrivo è lo sfogo improvviso di chiarire quello che vivo e, scrivendo, mi libero dei pesi, diventando leggera, rinascendo ogni volta con una visione più chiara e nitida del panorama personale e sociale della vita interiore, che viene troppo spesso per tanta gente, assecondata alle finzioni pubblicitarie e materiali dei nostri tempi.
I L C A L E N D A R I O 2 0 1 1 di Stefania Bianchi (foto di Stefania Bianchi e Bonini Alessandro)
Il comandante, un archeologo subacqueo, docente universitario di storia, e un marinaio. E’ questo l’equipaggio de "L'Antonio II" una splendida goletta utilizzata per crociere davvero singolari all’insegna del mare, della storia e dell’archeologia.
Costruita dall'ingegner Battù a Mantova nel 1986, è un esemplare unico ripreso da un progetto canadese pensato per realizzare il mitico passaggio a Nord-Ovest, dotato di una grande chiglia come gli antichi velieri di fine 800 - inizi 900. A Ravenna, a metà degli anni ‘80 vince il premio come barca più bella dell'Adriatico. Subito dopo l'imbarcazione viene venduta a tre giovani romani avventurosi che la utilizzano per eseguire un giro e mezzo del mondo e poi, in seguito, per organizzare proficui traffici commerciali in Atlantico e in particolare tra Capo Verde e Camerun, con frequenti attracchi nel fiume Niger. Alla fine degli anni ‘90, i ragazzi rientrano nel Mediterraneo.